Politics

L’ex Ministro degli Esteri dell’Ecuador sostiene che il raid all’ambasciata sia sintomo di una crisi profonda della politica

Il neo Presidente Daniel Noboa ha forzato la mano e ora rischia un backlash internazionale; poiché il governo che presiede non è sostanzialmente in grado di gestire l’insicurezza e la povertà che hanno aperto una crisi in Ecuador.
L’Ecuador, governato dal Presidente Noboa, rischia backlash e isolamento internazionale in seguito a un raid illegale all’ambasciata per arrestare l’ex vice presidente VP Jorge Glas, tra escalation di reati e clima di insicurezza. Guillaume Long, l’ex Ministro degli Esteri dell’Ecuador, mette in discussione il programma di Noboa di duro contrasto al crimine, che ha esacerbato turbolenze sociali ed economiche in Ecuador.

L’Ecuador è finito sotto i riflettori internazionali in seguito a un raid palesemente illegale ai danni dell’Ambasciata messicana, lo scorso 5 aprile. Il Presidente Daniel Noboa ha ordinato il raid per arrestare l’ex Vicepresidente Jorge Glas, richiedente asilo nella sede dell’ambasciata da dicembre 2023. Il Messico ha risposto tagliando le relazioni diplomatiche e presentando un’istanza alla CIG, chiedendo specificatamente l’espulsione dell’ Ecuador dall’ONU fino a successiva presentazione di scuse. Governi delle Americhe e del mondo si sono uniti al coro di denuncia, definendo il mancato rispetto dell’immunità diplomatica come un grave atto di violazione del diritto internazionale.

C’è stato un tempo in cui l’Ecuador si è distinto dagli altri paesi dell’area per il tasso di reati relativamente basso e per il progresso sociale in costante miglioramento. Tuttavia, nell’ultimo decennio, la sua sorte si è rovesciata. La caduta del correismo, un movimento di sinistra, ha scatenato un’ondata di neoliberalismo e narcotraffico nel paese, con un’impennata di povertà e reati. Noboa, figlio dell’uomo più ricco dell’Ecuador, è salito al potere grazie alle promesse di occuparsi della crisi di sicurezza; ma finora è riuscito soltanto a trascinare il paese in uno stato di emergenza lungo tre mesi. Per comprendere i recenti eventi e dar loro il giusto contesto nella politica corrente dell’Ecuador, Real News dialoga con Guillaume Long, ex Ministro degli Esteri dell’Ecuador.

Ju-Hyun:

Benvenuto nel podcast di The Real News. Sono Ju-Hyun Park, Engagement Editor per The Real News, e oggi condurrò la trasmissione. Discuteremo dei principali sviluppi in Ecuador, dove un recente raid ai danni dell’Ambasciata messicana sta alimentando un focolaio di conflitti internazionali.

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Venerdì 5 aprile, il governo di destra dell’Ecuador, guidato dal Presidente Daniel Noboa, ha scatenato una tempesta a livello internazionale, nel momento in cui ha assaltato l’Ambasciata messicana a Quito per arrestare l’ex Vicepresidente, Jorge Glas, che si rifugia nella sede diplomatica da dicembre dello scorso anno, da richiedente asilo. 

L’ex Presidente ecuadoriano, Rafael Correa, sotto cui Glas ha servito, ha nel frattempo riferito che Glas avrebbe tentato il suicidio in seguito al suo arresto e che starebbe attualmente facendo lo sciopero della fame in prigione. Il Messico ha prontamente tagliato i legami diplomatici con l’Ecuador in seguito al raid, e diversi governi a livello locale e globale avrebbero condannato le azioni dell’ Ecuador.

Anche l'Organizzazione degli Stati americani e gli USA hanno rilasciato dichiarazioni di condanna del raid. Il Messico ha fatto pressione presentando un’istanza di reclamo presso la Corte internazionale di giustizia, chiedendo di sospendere l’adesione dell’Ecuador all’ONU fintanto che non presenterà le proprie scuse.

In studio a The Real News oggi abbiamo Guillaume Long, l’ex Ministro degli Esteri dell’Ecuador, ex Ministro della Conoscenza e del Talento Umano. Long si è formato come storico e ha conseguito un dottorato di ricerca in Politica Internazionale dalla University of London. Al momento è ricercatore senior presso il CEPR (Center for Economic and Policy Research), a Washington. Guillaume, bentornato a The Real News.

Guillaume Long:

Grazie per avermi invitato a partecipare alla trasmissione. È un vero piacere.

Ju-Hyun:

Non tergiversiamo e iniziamo dalle basi. Perché l’amministrazione di Noboa voleva la testa di Jorge Glas? E perché erano persino disposti ad assaltare l’ambasciata di un Paese straniero?

Guillaume Long:

Questa è senz’altro un’ottima domanda. Ci sono un paio di ipotesi, ma non mi sembra che ci sia una risposta chiara. Credo che sia in parte dovuto alla mancanza di consapevolezza all’interno del governo di Noboa. Si potrebbe essere più precisi e definirla “incompetenza”. Come minimo, non si tratta di una macchina politica ben oliata. Molte persone sono al primo mandato governativo. Noboa stesso è molto giovane e io penso, pur sembrando paradossale, che non si aspettassero questo tipo di risposta internazionale, un tale contraccolpo.

Mi sembra piuttosto ovvio che un assalto all’ambasciata non finirà bene; ma se loro senz’altro si aspettavano di pagarne i costi, solo non un costo talmente elevato a livello internazionale. Ora l’Ecuador è completamente isolato, come tu giustamente hai fatto notare.

E quindi il costo è stato questo, e penso lo abbiano sottovalutato; e per quanto riguarda la vittoria alle elezioni, credo si sia trattato di brogli. Il 21 aprile si è tenuta una votazione referendaria in Ecuador, 11 domande in tutto, e già dagli exit polls è emersa una possibile sconfitta del governo, da cui è partita la proposta di referendum. Lo sottolineo: il governo ha proposto il referendum. E un paio di domande sembravano in bilico. 

La teoria secondo cui il governo avrebbe vinto il referendum per poco, a mio avviso, si tratta di un governo fresco, che ha fatto giuramento da poco, e Noboa è in carica soltanto da novembre. È ancora in luna di miele, metaforicamente parlando. La situazione in Ecuador è decisamente disperata, mi riferisco alla sicurezza e alla sua mancanza, con un tasso di omicidi altissimo e un’esplosione di crimini da narcotraffico: ora l’Ecuador è in un certo senso la nuova frontiera della lotta al narcotraffico.

Le persone quindi sono disperate, per questo motivo Noboa ha indetto un referendum sul tema della sicurezza. È anche riuscito a infilarci un paio di domande che hanno a che vedere con l’economia e che porterebbero vantaggi all’impero d’affari suo e della sua famiglia. Mentre le restanti nove domande riguardavano la sicurezza: il coinvolgimento dei militari nelle operazioni delle forze dell’ordine, sentenze più lunghe, il permesso di estradizione di ecuadoriani ed ecuadoriane principalmente negli Stati Uniti, e così via.

Quindi queste misure, nel contesto del crescente clima di insicurezza e dell’aumento del tasso di omicidi, ecco, io credo che potessero essere popolari. E nonostante ciò, come si è visto nelle ultime settimane, gli exit polls vedono Noboa in vantaggio su molte domande, sfavorito su un paio di domande, in particolare quelle di natura economica che ci ha infilato dentro.

Quindi io credo che lui fosse preoccupato per una possibile sconfitta. Aveva veramente bisogno di vincere, perché è solo un Presidente ad interim, il cui compito è di terminare il mandato del suo predecessore, che affronta un processo per contestazione. Per questo motivo ha infine dato le dimissioni e indetto nuove elezioni. La Costituzione ecuadoriana ha garantito queste nuove elezioni. Noboa potrà anche averle vinte, ma gli è solamente concesso di portare a termine il mandato.

La fine del suo mandato è prevista per maggio del prossimo anno, il 2025, mentre le elezioni saranno in febbraio. Gli resta davvero poco tempo. Quest’anno è utile per fare campagna elettorale: Noboa avrebbe voluto che questo referendum generasse entusiasmo attorno alla sua vittoria, un po’ di respiro a livello politico. Vuole quindi essere assolutamente rieletto, quindi ha assalito l’Ambasciata del Messico.

E perché mai questa sarebbe una misura popolare? Non ne sono veramente sicuro. Credo che sia un madornale errore di valutazione. Ma Noboa lo ha fatto, a mio avviso, pensando alla campagna elettorale, per sembrare un uomo forte, dal pugno di ferro, risoluto. Poiché l’insicurezza che regna in Ecuador è così disperata, poiché l’Ecuador è finito in mano ai narcotrafficanti, lo scopo di Noboa è salvaguardare l’immagine di un uomo duro, e con un assalto all’ambasciata ottiene precisamente questo.

Naturalmente poi, all’interno dell’ambasciata, stava per ottenere un doppio obiettivo: lì dentro si trova un oppositore senior di governo, un ex vice presidente correista, il vice dell’ex Presidente Rafael Correa, che negli ultimi anni ha subito persecuzioni. Ha affrontato una situazione decisamente terribile. Ha appena finito di scontare una pena di 4 anni e mezzo in carcere, e ora inizia un nuovo processo a suo carico. Era ricercato, è stata emessa una custodia cautelare, nemmeno una vera e propria sentenza di condanna, ma solo una custodia cautelare. Quindi lui avrà pensato, “Ecco, la Giustizia Ecuadoriana è completamente politicizzata,” perciò ha richiesto asilo in Ambasciata.

Quindi Noboa ha pensato, “Devo assolutamente arrivare a quest’uomo. Prenderò quest’uomo. Nessuno scappa dalla Giustizia Ecuadoriana, e non mi faccio scrupolo di violare la santità dell’Ambasciata del Messico. Ne uscirò come l’uomo forte, vincerò le elezioni”. Credo che questa sia la spiegazione dettagliata del perché Noboa ha fatto quel che ha fatto.

Penso che si sia trattato di un errore di valutazione proprio per l’enorme reazione internazionale. L’Ecuador è ora isolato. Non credo che Noboa se lo aspettasse. Era solo un giovane uomo, fresco di elezione, con la reputazione di essere una promessa locale: è un Presidente giovane in una fase di cambiamento. Ma ora sembra solo un tiranno, antidemocratico, in grado di violare il diritto internazionale, e non vedo la fila di vicini desiderosi di essere fotografati con lui, né disposti a invitarlo nel proprio Paese. Credo che rimarrà alquanto isolato per il resto del suo mandato.

Ju-Hyun:

Grazie. Hai fornito tutto il contesto per aiutare il nostro pubblico a comprendere la situazione politica generale, e in particolare cosa succede a Noboa.

Come dicevi, Noboa è una novità nel panorama politico. Credo che abbia circa 36 anni: è giovanissimo per essere Capo di Stato. Nonché rampollo di una delle famiglie più ricche dell’Ecuador, letteralmente il figlioletto di un miliardario, che ha conquistato una posizione di assoluto rilievo nel Governo. Vorrei che parlassimo un po’ del programma sui cui Noboa punta, perché come dici tu, il successo di Noboa si nutre del tema della sicurezza nel Paese, e lui insiste con un approccio, per così dire, da pugno duro contro il crimine. Inoltre, da gennaio tiene il Paese in uno stato di emergenza a causa della fuga di José Adolfo Macías Villamar, noto trafficante e leader del cartello, meglio conosciuto come Fito.

Mi chiedo dunque perché ci arriva la narrazione dell’Ecuador come un Paese disgregato, con un tale problema di criminalità. Non sto dicendo che questi argomenti non siano fondati, ma gradirei un po’ più di prospettiva che illumini la situazione reale per il popolo ecuadoriano, ad oggi? In che modo il programma di Noboa va incontro ai reali bisogni della popolazione?

Guillaume Long:

La situazione è senza dubbio pessima. Tu hai appena menzionato le date dell’8 e 9 gennaio, la grave crisi data dalla fuga di diversi signori della droga, tra cui Fito. Diversi signori della droga; altri sono evasi dal carcere, in quegli stessi giorni, sotto la sorveglianza di Noboa. Si tratta di un danno di immagine. Questo mette in luce un nuovo aspetto rispetto alla tua domanda, giusto? Un danno di immagine, perché ha permesso la fuga dei narcotrafficanti. Non intendo certo dire che lo ha permesso personalmente, ma la fuga si è verificata sotto la sua sorveglianza. Voleva sembrare un duro. E nonostante non sia affatto un signore della droga, neanche lontanamente, è un avversario politico, e direi in particolare uno che sta vivendo una grande dose di persecuzione politica e strumentalizzazione della giustizia: anche di questo possiamo parlare. 

Senza dubbio la situazione dell’Ecuador era compromessa. L’Ecuador ha chiuso l’annualità 2023 con uno dei tassi di omicidi più alti nelle Americhe. Giusto per dare un po’ di contesto, l’Ecuador è stato tradizionalmente un Paese piuttosto pacifico del Sud America. Non ha sofferto lo stesso grado di dilagante insicurezza sociale dei suoi vicini, Colombia e Perù, nel corso della storia. È stato uno dei pochi Paesi a non produrre cocaina, per esempio. La Colombia si trova proprio oltreconfine, era un Paese di transito. Ci sono stati dei problemi. Inoltre, poiché la valuta dell’Ecuador è il dollaro già dal 2020, le organizzazioni criminali hanno visto un incentivo a riciclare denaro in Ecuador. Con ciò voglio dire che non era completamente immune ai traffici di droga, una piaga tuttavia molto meno dilagante che in altri Paesi della regione.

Tanto che, quando la sinistra ha preso il potere nel 2007, l’anno in cui Rafael Correa fu eletto, ecco allora che il tasso di omicidi che Correa ha ereditato era pari a 16,17 omicidi per 100.000 abitanti: il tasso di omicidi è una variabile indicativa, soprattutto nel contesto della lotta al narcotraffico, di quanto grave sia la situazione della sicurezza, giusto? Siamo nella media del Sud America. Non è alta, perché in tutta l’America Latina il tasso di omicidi è più alto. Ma se paragonato ai suoi vicini, tra cui la Colombia e altri Paesi storicamente afflitti dall’insicurezza sociale e dal narcotraffico, allora è relativamente buono. 

Ma nonostante ciò, Correa ha decisamente investito nel miglioramento dell’efficienza del sistema di sicurezza, dei servizi di polizia e di intelligence. Quindi, da una parte abbiamo una visione tradizionale delle forze di polizia, ma poi anche caratterizzata da una decentralizzazione della polizia, tipo la polizia di quartiere, un modello annunciato dalla Banca Interamericana di Sviluppo e dalla stessa OAS (Organizzazione degli Stati americani) come un modello di successo; ma pur sempre un approccio che vede un dispiegamento di forze di polizia per l’applicazione della legge.

E dall’altra parte, naturalmente, l’approccio sociale: una riduzione della povertà a lungo termine e della diseguaglianza, con una netta riduzione della povertà nel corso durante il mandato di Correa, con l’Ecuador probabile campione nella regione. L’Ecuador ha vinto il primato nella regione per la riduzione delle diseguaglianze. Così, il doppio approccio al miglioramento della sicurezza, ma anche alla ridistribuzione, politiche sociali e del lavoro, diritti umani, hanno sortito l’effetto di far scendere il tasso di suicidi, da 16 ogni 100.000 abitanti, fino a 5,8 per 100.000 abitanti. Questa è una delle maggiori storie di successo nella riduzione dei crimini, nonché dei crimini violenti e della letalità in tutta l’America Latina, in appena un decennio. 5,8 omicidi ogni 100.abitanti, nel 2017.

Ed ecco che, alla fine del 2023, l’Ecuador chiude l’annualità con 46 omicidi ogni 100.000 abitanti. Quindi siamo saliti da 5.8 omicidi a 46 omicidi ogni 100,000 persone in appena sei anni. Si tratta di uno degli aumenti più bruschi in tutta la storia dell’America Latina. Si potrebbe spiegare in molti modi, ma soprattutto con la regressione dello Stato, la chiusura di Istituzioni, l’aumento della povertà. Prima del COVID, il tasso di povertà in Ecuador era già salito di un 17%  tra il 2017 e la fine del 2019. Dopo il COVID, l’Ecuador è stato il Paese a più lento recupero, con il tasso peggiore di crescita post-COVID nella regione. Molto male sul fronte economico, molto male sul fronte sociale. Naturalmente, la pandemia ha afflitto tutta la regione. Infatti si è verificato un aumento della criminalità in tutta l’America Latina; particolarmente grave in Ecuador, alla luce di quanto ho descritto.

E poi il via libera all’austerità neoliberista, alla chiusura dei Ministeri. Incredibile a dirsi: l’Ecuador ha chiuso il Ministero degli Interni, a capo della polizia. Ha chiuso il Ministero della Giustizia, a capo del sistema penitenziario. Ha chiuso il Ministero della Sicurezza, altrettanto osannato come un caso di successo dalle Istituzioni Interamericane, tra cui la Banca Interamericana di Sviluppo: non esattamente un’Istituzione di sinistra, ma ugualmente una efficiente manovra di controllo e coordinamento tra diverse forze di sicurezza e servizi di intelligence, e così via. Tutto chiuso per tagli al budget. È arrivata l’austerità neoliberale, ecco tutto. È stata la fine di numerose Istituzioni di successo.

A partire del 2020, 2021, si inizia a vedere il risultato finale: dopo la pandemia è sempre più evidente la perdita del controllo da parte dello Stato ecuadoriano sulle località chiave del proprio territorio. Si viene a creare un vuoto, e la criminalità organizzata ama il vuoto, giusto? È quello che fanno: riempire un vuoto, soprattutto nelle zone di confine. L’Ecuador ha inoltre sette porti marittimi di notevole importanza lungo la costa del Pacifico: tutti prese di mira dalle organizzazioni di narcotrafficanti. Si è lottato molto per il controllo di questi porti.

Ma l’evento più importante è stata la perdita di controllo dell’Ecuador sul proprio sistema penitenziario. Ciò ha comportato che le gang operassero dalle prigioni, anche i capi delle organizzazioni, i grandi signori della droga, i boss: quindi si sono verificati i primi massacri nelle carceri. Dal 2021, 500 persone sono rimaste vittime di massacri su larga scala, 70 persone qui, 40 persone là, altre 60 persone là. Assalti ai padiglioni, uno dopo l’altro: è così che le gang rivali si combattono tra di loro.

Tutto ciò è stato molto, molto traumatico. Come ho già spiegato, infatti, l’Ecuador era un Paese relativamente pacifico nel contesto della regione, tanto che il popolo ecuadoriano chiamava il proprio Paese “l’Isola della Pace”, un’isola di pace resa salva dai terribili fatti di cui giungeva notizia da Colombia e Perù. L’Ecuador non aveva uno storico di conflitti civili armati paragonabile alla Colombia, o al Perù. Ecco l’origine del trauma: stiamo parlando di massacri con decapitazioni e altri dettagli raccapriccianti.

Così si arriva infine al 2023, alla guerra per le elezioni, con la campagna elettorale fondamentalmente combattuta sul tema della sicurezza. Perché il popolo è disperato, e sta lasciando il Paese in massa, con la conseguenza di una crisi migratoria. L’Ecuador si piazza al primo o secondo posto, con numerosi avvicendamenti nel numero di persone, provenienti dagli Stati a sud del confine, che cercano di raggiungere gli Stati Uniti dal Messico. Venezuelani ed ecuadoriani, spesso questi ultimi: alla fine del 2022 e 2023, il numero di ecuadoriani ha superato il numero dei venezuelani in fuga attraverso il confine. E naturalmente attraversano il tappo del Darién, un territorio dove mafie e gang gestiscono il traffico di esseri umani. Sì, l’Ecuador si trova in una brutta situazione.

Quindi, il giovane Daniel Noboa vince le elezioni mostrando un approccio eccessivamente zelante ai temi della sicurezza, legalità e ordine sociale. È evidente la natura conservativa di queste misure. Quando si sente parlare di campagne elettorali giocate sui temi di legalità e ordine, si tratta solitamente di cattive notizie.I candidati combattono tra di loro per chi avrà l’approccio più zelante alla criminalità e cose simili.

E poiché, sotto la sua sorveglianza, si sono verificati ulteriori eventi e violenza di stampo narcotrafficante, ha pensato di raddoppiare i suoi sforzi di apparire un duro. Quindi, come hai fatto notare, siamo soggetti a uno stato di emergenza, al coprifuoco; e ora questo referendum aggressivo nel quale, come dicevo, ha infilato un paio di domande che avvantaggerebbero le sue società private. Ma lo scopo del referendum è senz’altro orientato alla sicurezza. E sì, vuole solo sembrare il nuovo Nayib Bukele del Sud America, ecco cosa sta cercando di fare.

Ju-Hyun Park lavora come Engagement Editor per The Real News.

Available in
EnglishSpanishArabicFrenchPortuguese (Brazil)Italian (Standard)
Author
Ju-Hyun Park
Translators
Cecilia Lolli, Simone Vanni and ProZ Pro Bono
Date
30.05.2024
Source
Original article🔗
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