Lavoro per una delle principali organizzazioni palestinesi per i diritti umani, Al-Haq, che è stata recentemente dichiarata "organizzazione terroristica" dal regime israeliano insieme a cinque importanti organizzazioni della società civile in Palestina. Amici e conoscenti continuano a chiedermi come ci si sente a far parte di una "organizzazione terroristica". Io rispondo sempre allo stesso modo: vuol dire che stiamo facendo qualcosa di giusto.
Il 7 novembre 2021, il comandante militare israeliano in Cisgiordania ha emesso un ordine militare che aggiunge sei organizzazioni leader della società civile palestinese, Al-Haq, Addameer per il sostegno ai prigionieri e i diritti umani, Defense for Children International-Palestina (DCI-P), Bisan Center, Unione dei comitati delle donne palestinesi e Unione dei comitati per il lavoro agricolo, alla lista delle organizzazioni proscritte ai sensi del precedente regolamento di difesa (emergenza) del mandato britannico del 1945. Questa decisione è stata preceduta due settimane prima dalla designazione da parte di Israele delle stesse sei organizzazioni come "organizzazioni terroristiche", facendo riferimento alla "Legge sulla lotta al terrorismo del 2016", una delle tante leggi deliberatamente vaghe, discriminatorie e repressive del regime. Con l'emissione di questo ordine militare palesemente arbitrario, gli uffici delle organizzazioni sono, effettivamente e imminentemente, sotto la minaccia di essere perquisiti e chiusi dalle forze di occupazione israeliane. I membri dello staff sono a rischio di detenzione e i beni finanziari sono in pericolo, paralizzando il lavoro critico delle sei organizzazioni.
Perché si permette che questo accada? Perché la comunità internazionale sta sbagliando molte cose.
Sebbene tanto questa designazione come l'ordine militare comportano ripercussioni pericolose, questo attacco non è sorprendente. In effetti, è quello che ci si aspetta da un regime di apartheid coloniale.
Quest'ultimo sviluppo non dovrebbe essere considerato come un fatto a sé stante. Rappresenta la continuazione di decenni di calunnie e campagne di delegittimazione contro le organizzazioni della società civile palestinese e i difensori dei diritti umani, orchestrate dalle autorità di occupazione israeliane e attivamente sostenute dalle loro famigerate organizzazioni affiliate, tra cui NGO Monitor. Intrinsecamente al suo regime coloniale e di apartheid, Israele , fin dalla sua fondazione, ha mirato a dominare e controllare il popolo indigeno palestinese. Le sue diffuse e sistematiche politiche e pratiche di uccisioni extragiudiziali, punizioni collettive, incursioni militari, detenzioni arbitrarie, torture e altri maltrattamenti, e la sorveglianza 24 ore su 24, 7 giorni su 7, tra le tante, ne sono la prova.
Semmai, questo dimostra che qualsiasi tipo di resistenza dei palestinesi alla loro oppressione è proibita da Israele. Anche quando si usa il diritto internazionale, che è anch'esso intrinsecamente legato ai retaggi coloniali, i palestinesi vengono etichettati come "terroristi". I palestinesi sanno che il colonizzatore troverà sempre un modo per opprimere ed eludere le proteste contro le sue orribili azioni. Quello che i sionisti dovrebbero capire è che i colonizzati, risoluti e resistenti, non si fermeranno finché la liberazione e la giustizia non saranno raggiunte.
Molto è stato detto da quando la designazione è stata annunciata, eppure, poco è stato fatto. Siamo abituati al fatto che la comunità internazionale esprime le sue preoccupazioni, ma anche frustrati per l’incapacità di contestualizzare le cause profonde della lotta palestinese e di intraprendere azioni concrete, minando le possibilità di ottenere giustizia per noi.
La mia speranza e la mia fiducia ricadono sui popoli del mondo, piuttosto che sui loro governi. È necessario chiamare le cose con il loro nome. Affrontare la realtà vissuta dei palestinesi sotto l'apartheid israeliana. Riconoscere che l'apartheid israeliana è uno strumento per mantenere il suo dominio coloniale sul popolo palestinese. Chiedere la fine dello status quo.
Con la sua cultura dell'impunità di cui gode illegalmente, Israele continua la sua "normale amministrazione".
Dall'annuncio della designazione e dall'emissione dell'ordine militare, le forze di occupazione di Israele hanno sparato e ucciso il palestinese quindicenne Mohammad Da'das, e hanno continuato a fornire protezione e sostegno ai coloni israeliani che attaccano i palestinesi. La potenza occupante ha inoltre approvato la costruzione di più di 3.000 nuove unità di insediamento nella Cisgiordania occupata, continua a detenere sei scioperanti della fame palestinesi che protestano contro la loro detenzione amministrativa, secondo la quale circa 500 palestinesi sono attualmente detenuti senza accuse o processo, e persiste nel suo piano illegale di pulizia etnica dei palestinesi dal quartiere di Sheikh Jarrah a Gerusalemme, per trasferirli con la forza e sostituirli con coloni israeliani illegali.
Non ho aderito ad Al-Haq perché credevo che come organizzazione della società civile "desse voce a chi non ha voce". Penso che questa affermazione sia assurda. I palestinesi, e tutti coloro che sono oppressi, hanno una voce. È solo l'oppressore che cerca di mettere a tacere queste voci e la comunità internazionale che si rifiuta di ascoltare. Piuttosto, mi sono unita ad Al-Haq perché riconosco l'importanza di documentare le violazioni dei diritti umani e di mettere in discussione l'impunità di Israele.
Israele vuole che le organizzazioni per i diritti umani siano chiuse. Anch'io lo voglio, ma non ancora. L'unica differenza è che Israele le vuole chiuse per non avere nessuno alle calcagna quando compie crimini internazionali e violazioni dei diritti umani. Spero che un giorno Al-Haq e tutte le altre organizzazioni per i diritti umani in Palestina non siano più necessarie, perché i colpevoli siano chiamati a rispondere, perché le violazioni dei diritti umani non siano più commesse impunemente, perché la Palestina sia libera e possiamo finalmente godere del nostro diritto all'autodeterminazione. Sfortunatamente, non ci siamo ancora arrivati. Fino ad allora, la nostra voce di giustizia rimarrà forte.
Shahd Qaddoura è ricercatrice legale e addetta alla difesa di Al-Haq. Attualmente è in congedo sabbatico per seguire un master in diritto internazionale dei diritti umani presso il Centro irlandese per i diritti umani dell'Università nazionale d'Irlanda, Galway.
Photo: Blatniczky, Wikimedia