The investor left / with our land yesterday, / still, we scratch our destiny / from hands of a curtailing fate." (L'investitore è andato via / ieri, con la nostra terra/ e ancora, grattiamo il nostro destino / dalle mani di un destino limitante, ndt) – Harriet Anena, “Scratching Destiny”.
Un giorno, nel 1954, o forse l'anno successivo, i giovani lavoratori del Dipartimento di Caccia e Pesca dell'Uganda lasciarono cadere segretamente il pesce persico del Nilo da un molo di Entebbe, cambiando per sempre il Lago Vittoria. Le sue acque erano state fino ad allora punteggiate da varietà colorate di ciclidi aplocromina enkejje, che nutrono i loro piccoli in bocca. "L'Haplochromis è generalmente considerato un 'pesce spazzatura' di scarso valore", scrisse Alec Anderson, l'ufficiale della pesca britannico che ha orchestrato l'introduzione del persico del Nilo. "Sembra chiaro che il modo più ovvio per utilizzare l'Haplochromis è introdurre un predatore che li trasformi in qualcosa di utile."
Nel giro di pochi anni, i pescatori tanzaniani avevano iniziato a pescare il pesce persico del Nilo su coste lontane. Negli anni '80, il lago aveva raggiunto un punto di non ritorno, il suo equilibrio sconvolto dalle fioriture algali, dal calo dei livelli di ossigeno e dall'appetito vorace del nuovo intruso. Più della metà delle specie di aplocromina scomparve. I biologi olandesi hanno scritto che la loro scomparsa "potrebbe rappresentare il più grande evento di estinzione tra i vertebrati di questo secolo". Nel frattempo, il valore economico della pesca è aumentato di cinque volte perché il persico del Nilo, più carnoso, poteva essere venduto agli acquirenti internazionali. Il disastro ecologico diventò un trionfo commerciale.
I pescatori si riferivano al persico del Nilo come "oro del lago", anche se poco del pescato arrivava sulle loro tavole. I commercianti europei e asiatici aprirono fabbriche di lavorazione del pesce sulla costa, dove i filetti venivano confezionati in polistirolo e ghiaccio e poi trasportati in aereo in angoli lontani del mondo. A metà degli anni Novanta, il pesce era diventato il secondo bene più esportato dell'Uganda; i proprietari delle fabbriche oggi sostengono che il settore sostiene complessivamente più di un milione di persone.
Tuttavia, la commercializzazione del lago ha richiesto anche strategie di controllo, perché seppur redditizio, il pesce persico del Nilo era minacciato dalla pesca eccessiva. Dopo timidi esperimenti di gestione da parte della comunità, il governo decise di inviare pattuglie militari. I soldati arrestarono e picchiarono le barias che presidiavano le barche. I poveri non potevano corrompere il governo, né permettersi barche più grandi, le uniche permesse dalla legge. "Quando viene istituito un programma governativo, vengono privilegiati coloro i quali che sono istruiti, i ricchi, le élite", mi disse una volta un veterano della pesca locale, "e il governo manda i suoi soldati a caccia del povero." Ai moli presenti lungo la costa,i pescatori raccontano, sussurando, le cose che hanno perso:case demolite, barche incendiate, amici annegati mentre cercavano di fuggire.
La parabola del lago è la storia di tutta l'Uganda: della sua terra, degli alberi, dei minerali, del bestiame, dei raccolti, del lavoro, della politica. Dopo l'aggiustamento per l'inflazione, l'economia è cresciuta di oltre otto volte da quando Yoweri Museveni prese il potere nel 1986. Ma questa crescita non è vissuta come una prosperità diffusa. Lo stesso processo di mercificazione che ha portato profitto ad alcuni, è percepito da altri come fonte di incertezza e di minaccia, spesso intrecciata con la violenza. La situazione dell'Uganda non può essere intesa solamente nei termini strettamente politici come democrazia, militarismo, diritti. È necessario affrontare anche le fratture sociali. È così che il mercato, come il persico del Nilo, attacca le cose che considera "di scarso valore" e "le converte in qualcosa di utile".
Le pianure aride del Karamoja, nel nord-est dell'Uganda, sono quanto di più lontano possibile dalle acque burrascose del Lago Vittoria. Viste da Kampala, sono una periferia permanente, la cui arretratezza è evidenziata da cicli mortali di razzie di bestiame. "Non aspetteremo che Karamoja si sviluppi", ha detto Milton Obote, il Primo Ministro del Paese dopo l'indipendenza. Questo può sembrare un luogo improbabile in cui cercare una trasformazione commerciale,
ma considerare le razzie di bestiame come una reliquia primordiale è sbagliato. Nel 1979, i soldati abbandonarono l'armeria di Moroto dopo la caduta di Idi Amin. Per giorni il Karamojong svuotò i suoi magazzini, caricando le armi sugli asini come se fosse legna da ardere. È stato un momento catalizzatore, come un pesce gettato in un lago. La proliferazione di armi leggere ha permesso alla pratica già diffusa da tempo delle incursioni, di espandersi in termini di letalità e portata.
Un tempo i giovani razziavano per rifornire le mandrie, accumulare ricchezze per le nozze, o mostrare coraggio. A questi motivi si aggiungeva ora il guadagno monetario. Le economie di scala hanno permesso alle bande di trasformare le razzie in un business, vendendo mucche a reti commerciali che alimentavano la domanda di carne nelle città lontane o ingrossavano le mandrie delle élite. Durante la più recente ondata di violenza, iniziata nel 2019, tutti, dal presidente in giù, hanno denunciato la “commercializzazione” delle incursioni. I pastori hanno seguito le impronte delle mandrie rubate fino a quando il sentiero non si è interrotto sulle strade asfaltate, dove le mucche erano state caricate sui camion e portate via. In qualche modo, i veicoli sono riusciti a superare i posti di blocco ufficiali. A seguito di questo evento i politici locali si sono esposti con veemenza, perché erano state trovate le cartucce dei proiettili dell'esercito.
Il Karamoja si sta svuotando del bestiame, proprio come il lago Vittoria si sta svuotando dei suoi pesci. Un'indagine del 2017 condotta dal gruppo di ricerca Karamoja Resilience Support Unit ha rilevato che il 57% delle famiglie non aveva abbastanza animali per il proprio sostenantamento. Sopravvivono infatti con altri lavori: producendo birra, scavando, abbattendo alberi per il carbone, estraendo calcare, minando in cerca di oro, o fuggendo lungo le stesse strade del bestiame scomparso.
Quando l'esercito spazza le città all'alba, radunando giovani uomini alla ricerca di armi illegali, prima rilascia quelli che parlano bene l'inglese, solo più tardi gli autisti di boda-boda , e infine gli uomini che trasportano taniche di kwete casalingo sul retro delle biciclette. "Classificano le persone in base alle apparenze", ha affermato un detenuto due giorni dopo un rastrellamento, nel 2022. La struttura di classe emergente funge anche da gerarchia del sospetto.
Il lago e la pianura sono, ciascuno a suo modo, luoghi ai margini. Lo stesso processo di mercificazione si ritrova anche nel cuore agricolo del paese, nella lotta per la terra. Dall'indipendenza nel 1962, l'area dei terreni coltivati in Uganda è leggermente più che raddoppiata, ma la popolazione rurale è aumentata di quasi sei volte. Due terzi delle famiglie agricole ora possiedono meno di un ettaro, un'area delle dimensioni di un grande campo da calcio; circa il 40% di esse ne possiede meno della metà. La crescita delle città ha anche spinto verso l'alto il prezzo dei terreni nelle loro periferie.
Le tensioni sono particolarmente visibili nella regione del Buganda, che contiene la capitale Kampala. Gran parte della terra qui ricade sotto un insolito sistema di proprietà mailo , in cui i diritti dei proprietari terrieri e degli occupanti si sovrappongono. Per legge, chiunque abbia diritti kibanja su un appezzamento di terra non può essere sfrattato finché paga un affitto di pochi dollari all'anno a proprio nome. Nonostante ciò, i proprietari stanno cercando di aggirare talla restrizione così da poter approfittare dell'aumento dei prezzi dei terreni. Una delle strategie è vendere il titolo a nuovi proprietari con legami politici, che usano la loro influenza per sfrattare i titolari di kibanja, ignorando la legge. La giustificazione implicita è che la terra dovrebbe andare a coloro che possono farne l'uso più redditizio, istituendo, ad esempio, fattorie commerciali, imprese industriali e aree residenziali. "Se hai qualcosa di pregiato che non vuoi vendere, (gli accaparratori di terreni) useranno altri mezzi", mi confessò nel 2023 Matia Lwanga Bwanika, presidente del distretto di Wakiso.
Pressioni simili si fanno sentire in tutto il paese, anche se il mercato rimane generalmente povero. Nella regione di Acholi, nel nord, molti contadini sono tornati dai campi di sfollamento dopo la guerra con i ribelli di Joseph Kony per trovare i loro campi destinati a piantagioni di zucchero o riserve di caccia. A Bunyoro, le dispute sulla terra sono esplose in previsione dello sviluppo petrolifero. Come ha osservato il ricercatore Yusuf Serunkuma, il pagamento di un risarcimento in denaro nei casi di acquisizione di terreni rimodella le economie locali, i mezzi di sussistenza, le relazioni di genere e molto altro. "Oggi hanno visto che i soldi sono arrivati, hanno cambiato le cose", canta l'artista Alur Professor Lengmbe nella sua canzone "Refinery", spiegando che gli uomini ora vogliono "una moglie marrone" perché "quella a casa è troppo nera".
In ciascuno degli esempi, c'è un sottofondo di pessimismo malthusiano: la sensazione che non ci siano più abbastanza pesci, bestiame o terra. Ma questa è più di una crisi di crescita demografica. L'economia monetaria sta premendo sulla vita quotidiana a 360° – una presa che si avverte anche nell'espansione del lavoro salariato occasionale, nei commerci illeciti di legname e carbone, nelle pratiche spietate del commercio del caffè, nei costi vertiginosi delle campagne politiche, nella lotta per pagare le tasse scolastiche o nell'incessante frenesia della vita cittadina. Le catene di commercio si estendono a livello regionale, come nel commercio del bestiame, o a livello internazionale, come nell'esportazione di pesce, oro e lavoratori domestici. Il profitto va a chi ha influenza politica, legale o commerciale, o semplicemente ai più indiscreti.
Il punto qui non è quello di struggersi per una versione incontaminata del passato, che non è mai esistita, né di romanticizzare la sussistenza su piccola scala, che non è il modo per un Paese di arricchirsi. Alcuni ugandesi trovano opportunità come “imprenditori” o “consumatori”; anche i critici più severi del capitalismo riconoscono il suo enorme potere di mobilitare risorse, consentire la specializzazione ed espandere la produzione. Ma il "disturbo ininterrotto di tutte le condizioni sociali", come lo definì Marx, è particolarmente turbolento in una società come l'Uganda contemporanea, al limite dell'ordine globale, che dagli anni '80 è stato un banco di prova per le riforme guidate dal mercato.
L'economista politico ungherese Karl Polanyi negli anni '40 descrisse un "doppio movimento" nella storia del capitalismo: prima una spinta a liberare il mercato dai suoi ormeggi sociali e poi un contro-movimento per contenerlo. Nell'Uganda di oggi, dove sono stati minati sindacati, cooperative e partiti politici, è difficile concepire una reazione organizzata. Nella sua hit del 2014 "Time Bomb", il cantante Bobi Wine lamentava il prezzo dell'istruzione e dell'elettricità, anche se, come leader dell'opposizione, mostrò scarso interesse per l'economia. Mentre le fabbriche e le miniere dei paesi industrializzati sono state storicamente un vivaio di solidarietà, l'economia informale dell'Uganda è frammentata e i suoi lavoratori atomizzati. Sono troppo occupati a cercare "un po' di denaro ka" all'interno del sistema esistente per inventarne uno nuovo,
ma questo non significa che gli ugandesi siano a proprio agio con la legislazione presente. Il malcontento si può trovare ovunque, dalle proteste contro l'accaparramento delle terre all'incendio delle piantagioni di canna da zucchero, fino alle lamentele degli intellettuali dissenzienti; vive nei mormorii della conversazione quotidiana. "Colpa dei ladri", afferma una donna di Wakiso mentre dei delinquenti armati di bastone adocchiavano i suoi banani. "Sono loro che agitano il paese". Gli uomini erano stati mandati da un geometra che voleva sviluppare il terreno, venderlo, trarne profitto: convertirlo in qualcosa di utile.
Liam Taylor è un giornalista freelance. Ha vissuto in Uganda dal 2016 al 2022.
Fotografia in evidenza: Pescatore sul Lago Vittoria nel gennaio 2023 ( Wiki Commons)