Migration

La linea antimigranti di Giorgia Meloni e Rishi Sunak è il nuovo mainstream

Le opinioni e le pratiche xenofobe in materia di immigrazione, espresse da Giorgia Meloni e Rishi Sunak, stanno guadagnando terreno tra i centristi europei.
Le posizioni estremiste di Giorgia Meloni e Rishi Sunak sull'immigrazione stanno rapidamente prendendo piede tra i centristi europei, in un disperato tentativo xenofobo di creare blocchi politici in vista delle elezioni europee di giugno.

“Non si è mai tirata indietro anche quando la lotta era dura". Parlando a Roma il 23 dicembre 2023, il Primo Ministro britannico Rishi Sunak ha evocato il suo predecessore Margaret Thatcher, e allo stesso tempo ha adulato la sua ospite Giorgia Meloni paragonandola alla sua eroina Tory. Sunak ha insinuato che la premier italiana stesse applicando l’eredità della Thatchera nuove sfide: oggi "dobbiamo applicare il radicalismo thatcheriano all'immigrazione clandestina".

 Molti commentatori hanno evidenziato i rapporti calorosi tra i due, grazie alla comparsa di Sunak al raduno organizzato da Fratelli d'Italia, il partito della Meloni, "restituendole il favore" per aver partecipato al suo summit sull'intelligenza artificiale a Londra, altrimenti ampiamente disertato. Mentre tre anni fa un deputato conservatore era stato rimproverato per aver partecipato a un raduno di estrema destra a Roma con oratori analoghi, oggi Sunak abbraccia Meloni come una conservatrice dalla mentalità affine alla sua.

 Sunak non è un'eccezione in questo senso: mentre il partito della Meloni ha un'eredità fascista e promuove la " Teoria della grande sostituzione", il suo impegno a favore delle istituzioni euro-atlantiche gli ha fatto guadagnare un posto stabile nel centro-destra dell'UE, sempre più vicino al Partito Popolare Europeo, di matrice cristiano-democratica. Il "radicalismo" evocato da Sunak è ormai mainstream. Quando la Meloni si è recata a Londra in aprile, l'équipe di Sunak ha persino chiesto il suo appoggio al suo piano di inviare in Ruanda i richiedenti asilo respinti, indipendentemente dal loro Paese d'origine. La Meloni ha acconsentito, sostenendo persino che la parola "deportazione" semplicemente non è applicabile all'allontanamento di migranti arrivati illegalmente.

A quasi tre anni dall'entrata in vigore della Brexit e dalla trasformazione del regime di controllo delle frontiere del Regno Unito, possiamo guardare con il senno di poi alla strada intrapresa: ed è davvero una strada romana, Sunak ha ragione su questo. Con l'aumento del numero di persone che tentano di entrare attraversando il mare, in parte a causa della Brexit, ma anche della forte oppressione a Calais, lo Stato britannico si è rivolto a strumenti ben noti di controllo delle frontiere, tra cui il lasciar morire le persone in mare, gli accordi bilaterali con i Paesi di emigrazione e la criminalizzazione dei presunti "trafficanti di persone".

 E questo non avviene solo in Gran Bretagna. Quest'estate, la Meloni si è recata a Tunisi come figura di spicco del "Team Europe" con il premier olandese Mark Rutte e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. Il "Team Europe" mirava ad assicurarsi l'aiuto dello Stato tunisino nel controllo dei flussi migratori attraverso il Mediterraneo, un'esternalizzazione della repressione a Paesi terzi con scarsa reputazione in materia di diritti umani che è oggi una politica comune dell'UE. Dal 2016 sono stati stipulati patti analoghi prima con la Turchia e poi con la Libia. Di fronte alle lotte tra i Paesi dell'UE sulla distribuzione interna dei migranti, il blocco si è conformato intorno alla linea della "Fortezza Europa" con confini esterni rigidi. L'accordo con la Tunisia di Kais Saied, tuttavia, è sostanzialmente fallito, un pozzo senza fondo di denaro dell'UE che non ha protetto le vite dei migranti né ha soddisfatto i desideri della destra di bloccare le partenze.

 Albania e Ruanda come Colonie di migranti

 È stato forse l'annaspare della Meloni, tra mesi di futile diplomazia con la Tunisia, che l'ha portata ad annunciare clamorosamente un'altra iniziativa impraticabile, questa volta la creazione di centri di detenzione in Albania. L'obiettivo di esternalizzare il controllo dell'immigrazione a un Paese terzo è un chiaro parallelo con il piano britannico per il Ruanda, che in questo caso si basa su uno Stato non appartenente all'UE, un tempo colonizzato dall'Italia fascista. L'accordo è passato al vaglio dei Parlamenti di entrambi i Paesi, ma ha comunque suscitato l'interesse della destra italiana.

 Anche il premier albanese, Edi Rama, ha partecipato al raduno di Fratelli d'Italia dello scorso fine settimana a Roma e costituisce un'importante terza tappa del particolare rapporto tra la premier italiana e quello britannico. Edi Rama aveva già collaborato strettamente con il governo Tory per impedire ai propri cittadini di attraversare la Manica, attuando un piano di deportazione che ha, di fatto, posto fine all'immigrazione marittima albanese nel Regno Unito.

Entrambi i progetti si basano su un rapporto chiaramente squilibrato: sia l'Albania che il Ruanda sono economie minuscole con una forte emigrazione (rispettivamente un terzo e metà della popolazione), mentre sia il Regno Unito che l'Italia sono grandi potenze capitalistiche. La loro relazione è, probabilmente, neocoloniale. Infatti, l'opposizione albanese non ha accolto bene la proposta che i nuovi centri di detenzione, anche se in territorio albanese, siano sotto la sovranità italiana. In Ruanda, invece, la leader dell'opposizione Victoire Ingabire Umuhoza ha criticato aspramente il piano, definendolo essenzialmente un'omologazione britannica dell'oppressione politica e delle sparizioni forzate attuate dallo Stato dell'Africa orientale.

 In secondo luogo, mentre i precedenti accordi con la Turchia e la Libia (e quello tentato con la Tunisia) si concentravano sui Paesi di transito, questi nuovi accordi con l'Albania e il Ruanda non riguardano i loro cittadini o le persone di passaggio (anche se si può leggere una certa complicità complessiva tra i tre per frenare la mobilità della classe operaia). Il piano di deportazione per il Ruanda, presentato per la prima volta dall'allora premier Boris Johnson diciotto mesi fa, propone di deportare le persone che arrivano irregolarmente nel Regno Unito attraversando la Manica e di trattenerle in Ruanda mentre le autorità britanniche valutano le loro richieste. Il piano italiano è simile, ma invece di promettere di deportare le persone già arrivate sulla terraferma italiana in un Paese terzo, propone che le navi che soccorrono le persone in mare vengano reindirizzate in Albania e trattenute nei centri mentre le loro richieste vengono valutate. I dettagli di come il piano dovrebbe funzionare, afflitto com'è da problemi giudiziari e pratici, non sono stati resi noti e probabilmente non esistono.

 Cosa significherebbero in pratica questi accordi? In entrambi i casi porrebbero fine a uno dei pochi modi in cui i lavoratori extra-UE possono ottenere i documenti, ossia entrare in modo irregolare, chiedere asilo e poi dimostrare di essersi integrati, ad esempio, perché studiano, lavorano o hanno una famiglia nel loro nuovo Paese. I piani britannici e italiani per impedire alle persone di presentare domanda di asilo in territorio sovrano non sono solo una politica di deterrenza, ma un tentativo di tagliare i mezzi con cui le persone che arrivano possono provare a rimanere.

 Imprigionare gli scafisti

 Sunak e Meloni hanno adottato anche un identico focus retorico sullo sfruttamento dei migranti da parte dei trafficanti di esseri umani. Non volendo forse seguire la linea di esplicito razzismo di Trump, come molti altri prima di loro, affermano di voler proteggere le vite dei migranti criminalizzando chiunque faciliti l'ingresso illegale. Ma si tratta di un bluff: finché l'Europa e il Regno Unito erigeranno barriere all'ingresso legale, organizzazioni e individui continueranno a favorire gli arrivi illegali, per motivi umanitari, di profitto o un po' di entrambi.

Il capro espiatorio degli scafisti ha funzionato storicamente sia a destra che a sinistra. Per la destra, funziona come approccio del tipo "rinchiudeteli e buttate via la chiave" al controllo delle frontiere, unendo razzismo e sadismo. Per i partiti di centro-sinistra, tuttavia, la strategia è stata utilizzata spesso anche in reazione alla morte dei migranti in mare, un concetto recentemente espresso dal Partito laborista britannico a seguito di un disastro nel Canale della Manica. Secondo la sorridente dichiarazione su Instagram di Sunak e Meloni, questo spesso si basa anche su una deliberata confusione tra "trafficanti di esseri umani" e "contrabbandieri di persone o passeur", fingendo che chiunque favorisca l'attraversamento di una frontiera debba essere una sorta di crudele e violento carnefice.

Attualmente sono rinchiusi circa mille migranti nelle prigioni italiane per contrabbando di persone, la maggior parte dei quali è semplicemente accusata di aver guidato una barca. Il governo Meloni ha introdotto nuove leggi che rendono le condanne ancora più dure. Il governo britannico, nel frattempo, ha dato battaglia nei tribunali per stabilire che la sua priorità è perseguire i conducenti di piccole imbarcazioni, anche se ciò significa violare il diritto internazionale in materia di diritti umani. Negli ultimi mesi, un nuovo ciclo di vertici sia che si tratti della "guerra globale ai contrabbandieri" annunciata all'ONU, sia che si tratti dell'"Alleanza globale per contrastare il contrabbando di persone" dell'UE, sono tentativi di superare la spinosa questione delle libertà dei migranti dando priorità al loro diritto alla protezione dagli spauracchi dei trafficanti.

 L'impatto europeo

 La linea Sunak-Meloni ha anche un impatto più ampio sulla politica europea, in vista delle elezioni UE previste per giugno 2024. In effetti, lungi dall'essere un'emarginazione nazionalista priva di influenza a Bruxelles, la posizione della Meloni dovrebbe essere compresa nei termini del crescente successo della destra italiana nel promuovere una prospettiva europea, piuttosto che limitarsi a litigare su quali Stati accolgono quali migranti. Ai tempi del Ministro dell'Interno di estrema destra Matteo Salvini, nel 2018-19, l'Italia era sostenitrice della riforma del regolamento di Dublino, che prevede che le richieste di asilo vengano valutate nel Paese di arrivo dei migranti. L'Italia ha insistito sul fatto che gli altri Stati membri dell'UE avrebbero dovuto aiutarla accogliendo i migranti che arrivavano innanzitutto sulle sue coste. L'anno scorso, però, la Meloni ha cambiato linea, ammettendo che l'Europa (orientale) ha fatto molto per accogliere i rifugiati ucraini e che il ruolo dell'Italia ora sarà quello di proteggere l'Europa da qualsiasi ingresso via mare.

 Roma, come Londra, a volte sostiene di salvare vite umane impedendo alle persone di tentare di arrivare nell'UE, invece di irrigidire i confini dei Paesi periferici per ostacolare le persone prima che tentino di attraversare il Mediterraneo. Queste preoccupazioni umanitarie sono chiaramente uno sforzo di marketing politico e facilitano anche i rapporti sempre più calorosi tra la Meloni e il Partito Popolare Europeo, il gruppo mainstream di centro-destra a cui appartiene la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. Tuttavia, non si deve pensare che il loro obiettivo sia quello di impedire del tutto l'immigrazione. Piuttosto, ciò a cui stiamo assistendo oggi è un'espansione della repressione della migrazione, a volte in cambio della possibilità per alcuni fortunati (e/o più ricchi) extraeuropei di arrivare come lavoratori ospiti senza diritti di cittadinanza.

 Questa è la realtà di fondo che sta alla base delle nuove leggi sull'immigrazione approvate, non solo da questi governi dichiaratamente di destra, ma anche in tutto il continente. Questa settimana, in Francia, il governo di Emmanuel Macron ha approvato una nuova legge sull'immigrazione, che limita l'accesso degli immigrati ai sussidi sociali, fissa dei tetti ai potenziali arrivi e limita il ricongiungimento familiare. Il disegno di legge, che aveva anche un aspetto "umanitario", in quanto consentiva una regolarizzazione condizionata per una minoranza di migranti e prevedeva esenzioni per i settori economici con carenza di manodopera, è passato solo grazie al sostegno del Rassemblement National di Marine Le Pen.

 Analogamente, questa settimana, il Consiglio dell'Unione Europea ha raggiunto uno "storico" accordo con il Nuovo Patto sulla Migrazione e l'Asilo. Esso non solo ha mantenuto le basi del principio di Dublino, contro il quale i riformisti si sono battuti per anni, ma ha anche evidenziato la necessità di mantenere frontiere esterne rigide e di mostrare "solidarietà" agli Stati meridionali e orientali "in prima linea" che ricevono il maggior numero di richiedenti asilo. Il Nuovo Patto è stato criticato dai gruppi della Sinistra e dai Verdi nel Parlamento Europeo, nonché da Amnesty International, che ha fatto rilevare che "snellire" la procedura di richiesta significa di fatto avere un maggior numero di persone in detenzione alle frontiere, finanziando Paesi al di fuori dell'UE perché detengano i richiedenti asilo e consentendo di fatto agli Stati di rinunciare alle tutele dei diritti umani in situazioni di "emergenza".

Sembrerebbe quindi che l'apparente estremismo delle posizioni di Meloni e Sunak stia rapidamente prendendo piede tra i centristi europei, in un tentativo disperato, ma razzista, di creare blocchi politici in vista delle elezioni europee di giugno.

 Tuttavia, persino le loro stesse mitologie kitsch evidenziano l'inutilità del loro rabbioso sostegno alle prigioni e alle frontiere e della loro pretestuosa ira contro i contrabbandieri di persone. L'evento romano a cui Sunak e Meloni hanno partecipato era, formalmente, il raduno annuale delle sezioni giovanili del partito di estrema destra italiano. Fondato dalla stessa Meloni nel 1998, questo appuntamento chiamato "Atreju" prende il nome dal giovane e combattivo protagonista maschile del romanzo e film fantasy La storia infinita, il racconto di un mondo magico minacciato da una forza misteriosa chiamata "il Nulla".

 Se un tempo il fascismo italiano si basava su un tragico mix di guerra tecnologica e manipolazione dei miti, la versione odierna è farsesca, con due primi ministri che fanno un discorso d'incoraggiamento a una riunione che prende il nome da un film fantasy degli anni '80 su come combattere, letteralmente, il nulla. O meglio, una storia sulla loro falsa, ma sanguinosa guerra contro le classi lavoratrici extraeuropee, un'arma per dividere e distrarre gli elettori europei durante una guerra di classe condotta contro loro stessi.

 Foto: Jacobin, Alessandra Benedetti / Corbis via Getty Images

Available in
EnglishSpanishPortuguese (Brazil)FrenchGermanItalian (Standard)ArabicUrduChinese (PRC)
Authors
Richard Braude and David Broder
Translators
Giovanna Comollo and ProZ Pro Bono
Date
05.03.2024
Source
Original article🔗
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