Colonialism

L'"imperialismo monetario" in Africa

Il dottor Ndogo Samba Sylla parla dell'imperialismo monetario, dell'opposizione all'influenza francese nell'Africa francofona e di cosa significhi la solidarietà internazionalista con l'Africa ai giorni nostri.
Nelle prime ore del 26 luglio 2023, i membri della Guardia presidenziale e delle forze armate del Niger hanno arrestato l'allora presidente Mohamed Bazoum nella sua casa, insediando poi un governo militare guidato dal generale Abdourahamane Tchiani. Una ragione dichiarata per il colpo di stato è statarte alle 9 20 l'insoddisfazione per la perdurante influenza militare, politica ed economica della Francia sul suo ex territorio coloniale.
Nelle prime ore del 26 luglio 2023, i membri della Guardia presidenziale e delle forze armate del Niger hanno arrestato l'allora presidente Mohamed Bazoum nella sua casa, insediando poi un governo militare guidato dal generale Abdourahamane Tchiani. Una ragione dichiarata per il colpo di stato è statarte alle 9 20 l'insoddisfazione per la perdurante influenza militare, politica ed economica della Francia sul suo ex territorio coloniale.

Questa non è stata né la prima né l'ultima ex colonia francese a sperimentare un simile colpo di stato negli ultimi anni, riportando l'attenzione su questioni di lunga data come il neocolonialismo, la dipendenza e la lotta per la sovranità nell'Africa francofona.

Per discutere di questi temi, Michael Galant di Progressive International ha intervistato il dottor Ndongo Samba Sylla, una stella in rapida ascesa nel campo dell'economia politica africana e un importante critico dell'"imperialismo monetario" in Africa occidentale e centrale. 

Questa intervista è comparsa per la prima volta nel numero 60 di The Internationalist. 

MG: Ndongo, grazie per essersi unito a noi.

NSS: Grazie per avermi invitato.

 MG: Dopo decenni di brutale colonizzazione e altrettanti anni di dura resistenza, gli anni Cinquanta e Sessanta hanno visto un'ondata di vittorie nella lotta per la liberazione nazionale nell'Africa colonizzata dalla Francia.

Ma come in gran parte del mondo, l'indipendenza nominale non si è tradotta necessariamente in indipendenza sostanziale. Può parlarci un po' della Françafrique, di come la Francia abbia mantenuto la sua influenza nella regione dopo l'indipendenza e di cosa abbia significato per le persone che vi abitano?

NSS: Ad eccezione della Guinea di Sékou Touré, gli ex territori colonizzati dalla Francia a sud del Sahara non hanno mai raggiunto una vera indipendenza. La Francia offrì loro il seguente accordo: "Concedo al vostro territorio l'indipendenza a condizione che rinunciate alla sovranità in settori quali gli affari esteri, il commercio estero, le materie prime strategiche, l'istruzione, la difesa, la gestione monetaria e finanziaria, ecc.". I leader africani che hanno accettato di firmare "accordi di cooperazione" in tutti questi settori erano politici generalmente formati in Francia durante il periodo coloniale. Alcuni di loro erano membri del governo metropolitano o del parlamento francese. Molti di loro non volevano nemmeno che i loro Paesi diventassero indipendenti. Il Generale de Gaulle ricorse a questo schema neocolonialista perché, per lui, il dominio dell'Africa e il controllo delle sue risorse erano una condizione fondamentale per l'autonomia strategica della Francia nel contesto della Guerra fredda. Ammesso questo, la Francia non ha mai permesso ai popoli delle sue ex colonie di scegliere liberamente i propri leader. Questa Africa francofona, che nonostante l'indipendenza nominale, rimane per molti versi sotto il controllo neocoloniale francese, viene spesso chiamata "Françafrique".

A lungo termine, le conseguenze dell'imperialismo francese sono state un sottosviluppo cronico nelleex colonie a sud del Sahara e con sistemi politici radicati e reazionari che non si preoccupano di ciò che i popoli pensano o vogliono, anche se a volte sono ufficialmente "democratici". Di conseguenza, alcuni dei leader più ricchi al mondo, spesso sostenuti dalla Francia e dall'Occidente, governano alcune delle nazioni più impoverite del mondo.

 MG: Il suo lavoro si concentra in particolare sul ruolo dei franchi CFA, due valute utilizzate in Africa occidentale e centrale, nel perpetuare l’imperialismo monetario". Che cos'è l'imperialismo monetario e cos'è la sua alternativa, la sovranità monetaria?

NSS: Negli ultimi due secoli, i Paesi con ambizioni imperialiste hanno spesso imposto accordi monetari e finanziari vincolanti e dannosi ai territori che dominavano imponendo duri sistemi di tassi di cambio fissi, controllando le loro riserve valutarie, i sistemi finanziari e l'allocazione del credito e del surplus economico. Al di là della sua funzione disciplinare (la possibilità di attivare sanzioni), l'imperialismo monetario opera per rafforzare il potere economico e finanziario dei Paesi dominanti, che hanno pressoché libero accesso alle risorse umane e materiali dei Paesi dominati.

Questo imperialismo monetario si è manifestato in modi diversi in tutto il mondo, dall'Africa all'Asia, all'America Latina e ai Caraibi.[[1]](https://d.docs.live.net/a13a5c5fdef0c614/Documents/The%20Internationalist%20--%20Ndongo%20Samba%20Sylla%20-%20FINAL.docx#_ftn1) Per quanto riguarda il franco CFA, originariamente il franco delle colonie francesi in Africa, è nato nel 1945 ed era in circolazione nella parte subsahariana dell'impero francese. In un nuovo ordine economico e finanziario globale dominato dagli Stati Uniti e dal dollaro USA, questo sistema di valuta coloniale ha permesso alla Francia di risparmiare le sue scarse riserve di dollari, poiché la Francia poteva acquistare tutte le importazioni nella zona CFA utilizzando la propria valuta. Inoltre, le ha permesso anche di appropriarsi delle riserve di dollari delle sue colonie per le proprie importazioni e di contribuire alla stabilizzazione del suo tasso di cambio. Poiché il commercio tra la Francia e le colonie africane si è interrotto durante la Seconda guerra mondiale, questo sistema di valuta coloniale è stato fondamentale per aiutare la Francia a riconquistare le quote commerciali perse nel frattempo. Dopo l'indipendenza, questo sistema di imperialismo monetario è stato mantenuto inalterato nei suoi principi di funzionamento "grazie" agli accordi di cooperazione di cui ho parlato prima. Oggi, le due valute, CFA dell'Africa occidentale e CFA dell'Africa centrale, utilizzate rispettivamente da otto e sei Paesi, sono direttamente agganciate all'euro (in precedenza il franco francese), togliendo di fatto lo strumento critico della politica monetaria dalle mani dei governi indipendenti e ponendolo sotto il controllo del Tesoro francese e delle autorità politiche e monetarie dell'eurozona.

Nella misura in cui l'imperialismo monetario implica la negazione alle nazioni del potere di utilizzare la moneta e la finanza nazionali per il proprio sviluppo autonomo, esso costituisce un ostacolo alla sovranità economica e monetaria. La sovranità monetaria non deve essere intesa solo come il diritto di un governo di emettere la propria moneta. A mio avviso, deve essere definita in prima istanza, nel senso della Teoria monetaria moderna (MMT), nel senso della capacità di spesa di un governo senza avere un vincolo finanziario intrinseco, ma solo un limite in termini di disponibilità di risorse reali. Nel caso dei Paesi del sud, il loro minor grado di sovranità monetaria riflette la mancanza di controllo sulle proprie risorse reali (spesso sottratte alle imprese transnazionali, con la conseguente necessità di emettere debito in valuta estera ad alti tassi di interesse) e il perseguimento di un modello economico (di natura estrattiva) che rafforza ulteriormente la loro necessità di detenere dollari USA, dato che il sistema dei pagamenti internazionali è stato finora organizzato intorno al dollaro.

 MG: Mali, Burkina Faso, Niger, Gabon. Negli ultimi tre anni, un'ondata di colpi di stato militari ha investito l'Africa francofona. Sebbene ogni caso sia unico di per sé, la maggior parte sembra avere in comune un certo grado di programma dichiarato di opposizione all'influenza francese. Come dobbiamo interpretare questo cambiamento apparentemente epocale?

NSS: A prescindere da quale opinione si abbia sui colpi di stato, è importante studiarli scientificamente. La letteratura sui colpi di stato in Africa è essenzialmente occidentalocentrica e antistorica. L'Africa è un continente gigantesco con 55 Paesi. I nostri attuali confini sono stati tracciati a Berlino nel 1885 in un'ottica di divisione coloniale, senza tenere in considerazione la logica dell'appartenenza e dell'identità culturale. Il colonialismo è stato essenzialmente un'impresa estrattiva e non ha permesso uno sviluppo istituzionale autonomo in senso democratico. Peggio ancora, ha manipolato e giocato sulle identità etniche e comunitarie. Era questa la situazione al momento dell'indipendenza. A questo si aggiunge il contesto della Guerra fredda, quando le potenze dell'Est e dell'Ovest si sono arrogate il diritto di intervenire per sostenere i loro protetti o per rovesciare quelli che non gradivano. Data questa pesante eredità storica, bisogna essere davvero parziali per pensare che ogni Paese africano sarebbe potuto diventare un modello di "democrazia liberale" da un giorno all'altro. Con il senno di poi, è "normale", in senso statistico, che l'Africa abbia visto molti colpi militari tra il 1960 e il 1990 (con la fine della Guerra fredda). È stata un'"impresa" storica per l'Africa aver voltato pagina in soli quattro decenni (basta fare un confronto con l'esperienza dei Paesi latinoamericani dall'indipendenza nel XIX secolo al 1990).

I nove colpi di stato che si sono verificati in Africa dal 2020 differiscono per cause e motivazioni immediate, ma obbediscono a due grandi determinanti strutturali. In primo luogo, si trattava di Paesi situati in una zona militarizzata dall'Occidente, come quelli della fascia del Sahel: Mali, Burkina Faso, Niger, Ciad e Sudan. In secondo luogo, sono avvenuti principamente nelle ex colonie francesi, campioni mondiali di colpi di stato dal 1960 a oggi. Dal 2020, otto dei nove colpi di stato militari registrati in Africa sono avvenuti in Paesi francofoni.

 MG: Questi colpi di stato sembrano aver ispirato una grande speranza di poter rovesciare lo status quo neocoloniale. Allo stesso tempo, alcune persone sono scettiche sul fatto che la strada verso il socialismo, o il potere democratico per le masse lavoratrici, passi attraverso colpi di stato e governi militari con programmi mal definiti. Quali sono i limiti o le contraddizioni del potenziale liberatorio di questa ondata di colpi di stato? È possibile superare questi limiti?

NSS: In un libro di prossima pubblicazione con la mia coautrice, la giornalista francese Fanny Pigeaud, abbiamo studiato la storia della democrazia e delle elezioni nelle ex colonie africane della Francia nel periodo dal 1789 al 2023. Abbiamo anche illustrato le ragioni per cui queste ultime sono campioni di colpi di stato militari. Per dirla in breve, in questi Paesi è stato più facile organizzare dei colpi a causa della fragilità dei loro stati. Inoltre, con l'invecchiare dei leader al potere e la crescente esclusione dal processo elettorale dei giovani candidati civili, a causa di manipolazioni costituzionali spesso effettuate con l'aiuto di esperti francesi, solo i giovani in uniforme possono raggiungere un "passaggio generazionale". Nei Paesi del Sahel, i colpi di stato sono portati avanti da giovani che hanno rovesciato leader relativamente anziani. Infine, a causa del lungo controllo della Francia sulla scelta dei leader nei Paesi africani francofoni a sud del Sahara, solo i leader militari sono stati occasionalmente in grado di proporre un progetto politico che rompesse con il neocolonialismo francese. Il caso più noto è quello di Thomas Sankara, salito al potere all'età di 33 anni e assassinato quattro anni dopo.

Questo non significa che l'esercito sia intrinsecamente progressista. Non lo è. Tuttavia, laddove l'imperialismo ha schiacciato strutturalmente gli intellettuali, i leader e i movimenti di sinistra e ha continuato, con i suoi alleati locali, a distruggere le richieste popolari, i militari sono stati l'unica forza organizzata in grado di offrire una possibilità di uscire dallo status quo. E nel contesto di un sottosviluppo cronico, le prospettive di una tale rottura hanno spesso un fascino per la massa. In ogni caso, mentre alcuni colpi di stato, come quelli in Mali, Burkina Faso e Niger, sono apertamente contro il neocolonialismo francese (e ambigui nei confronti del militarismo russo e statunitense nel Sahel), altri sono stati apertamente appoggiati dalla Francia, come in Ciad e in Gabon.

La buona notizia è che i popoli africani non vogliono più leader controllati dall'esterno. In un contesto di risveglio del sentimento panafricano, essi aspirano giustamente al progresso economico e alla libertà. Se questa rivolta in corso deve sfociare in un autentico progetto di liberazione, sarà necessario passare a forme di organizzazione democratiche, al di là della "democrazia liberale/oligarchia", i cui limiti sono ormai evidenti, e alla formulazione di un programma di trasformazione economica al servizio del popolo e dal popolo. Due elementi che finora mancavano.

MG: Per i lettori di The Internationalist, che cosa significa la solidarietà con i popoli dell'Africa francofona in questo momento?

NSS: La solidarietà internazionale richiede soprattutto di capire cosa sta succedendo e di essere in grado di trasmetterlo con un linguaggio non solo libero dai pregiudizi e dai silenzi dell'occidentalismo, ma anche critico nel senso proprio del termine (la solidarietà tra Paesi del sud non dovrebbe significare fingere di non vedere le pratiche riprovevoli nei Paesi compagni o alleati). In questo senso, spero che Progressive International possa contribuire a diffondere le lotte contro il colonialismo monetario francese, la militarizzazione del continente da parte dei Paesi occidentali, le soffocanti sanzioni economiche imposte contro coloro che sfidano l'ordine guidato dall'Occidente, le disumane politiche migratorie dell'Unione europea in territorio africano, ecc. 


[[1]](https://d.docs.live.net/a13a5c5fdef0c614/Documents/The%20Internationalist%20--%20Ndongo%20Samba%20Sylla%20-%20FINAL.docx#_ftnref1)Nel caso dell'Inghilterra, nell'ambito del sistema aureo internazionale, il suo sistema di imperialismo monetario è stato ben descritto da Utsa Patnaik in relazione all'India, e da Wadan Narsey più in generale. Le opere di Narsey e diGerold Krozewski mostrano l'importante ruolo svolto da Paesi africani come la Nigeria e il Ghana nel mantenere la zona della sterlina dopo la Seconda guerra mondiale. Peter James Hudson, nel suo Bankers and Empire, descrive il sistema di dominio militare-finanziario instaurato nei Caraibi dalle potenze occidentali e dalle loro grandi banche dalla Rivoluzione haitiana (1804) a oggi. Per quanto riguarda il sistema imperialistico monetario globale sotto l'egemonia statunitense, l’opera di Michael Hudson rimane indispensabile. L'eccezionale ricerca di Lumba sulle Filippine riguarda un caso poco noto di dipendenza monetaria.

 Il dottor Ndogo Samba Sylla è il Direttore per la ricerca e la politica in Africa presso l'International Development Economics Associates (IDEAs) e il cofondatore dell' African Economic and Monetary Sovereignty Initiative (Iniziativa per la sovranità economica e monetaria africana). È l'autore, co-autore o editore di numerosi libri, tra cui Africa's Last Colonial Currency, Economic and Monetary Sovereignty in 21st Century Africa; Revolutionary Movements in Africa: An Untold Story; e, come spiegato di seguito, il prossimo De la Démocratie en Françafrique. Une histoire de l'Impérialisme électoral (scritto insieme a Fanny Pigeaud). È anche campione mondiale di scarabeo in francese.

Available in
EnglishSpanishPortuguese (Brazil)GermanFrenchHungarianTurkishKoreanMalaysianPolishBengaliUrduGreekRussianHindiItalian (Standard)
Author
Dr. Ndogo Samba Sylla
Translators
Giulia Moffa, Giovanna Comollo and ProZ Pro Bono
Date
27.02.2024
Source
Original article🔗
ColonialismEconomia
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